Il mio viaggio nell’ecobio e i saponi solidi

Dico saponetta e mi viene in mente il migliore amico di mio zio, che da sempre storpia di proposito il nome di mia mamma chiamandola “Saponetta” anziché “Simonetta”. 
Mi vengono in mente le saponette che costellavano casa mia quando ero bambina: le Palmolive, tondeggianti e dalla schiuma “a fiocchi” e le Camay, che ormai non si trovano praticamente più (se siete nostalgiche dei prodotti d’antan, qui c’è un articolo carino in proposito), e le mie preferite, le Mantovani, con la silhouette del cigno intagliata sulla superficie liscia e la forma un po’ concava, intorno alla quale le mie manine grassocce si chiudevano perfettamente. 
Ne avevamo una per le mani, una per il bidet, e sono quasi sicura che molti di noi usassero la saponetta anche per la doccia. 

Adesso penso a loro con un sorrisetto nostalgico, ma in realtà non erano questo gran paradiso: lasciavano la pelle un po’ secca, non era una sensazione molto piacevole.
Con l’avvento di Dove, con un quarto di crema idratante, avevamo già iniziato a introdurre i saponi liquidi per l’igiene intima (sorvoliamo la parentesi Chilly, un incubo!) e, gradualmente, quelli per le mani, quindi non sarei in grado di dire se quel tipo di saponette fosse davvero un po’ meno aggressivo. 
Non che i saponi liquidi lasciassero sempre le mani meno secche rispetto agli altri, ma ci facevano sentire un po’ più moderni.
Erano appena iniziati gli anni Novanta, non sapevamo ancora perché alcuni prodotti seccassero la pelle e altri  no, l’equazione fa tanta schiuma = pulisce bene era più che naturale e anche se avessimo letto un INCI non ci avremmo capito una mazza ferrata. 
Ci è voluto l’avvento di internet e l’incontro con le ragazze più eco-consapevoli del forum delle Amiche intorno al 2002 a farmi riflettere sul fatto che la qualità di un prodotto non dipende necessariamente dal suo costo, dalla quantità di pubblicità che smuove, dal suo packaging, dal suo aspetto e dal suo odore, ma che ci sono ingredienti buoni e meno buoni per la nostra pelle (in generale, e per le nostre esigenze particolari, come nel caso di chi soffre di allergie specifiche) e il nostro pianeta, e che le informazioni relative a queste qualità si trovano, appunto, nell’INCI. 
All’inizio ero sgomenta. 
Come si fa a tenere in mente gli ingredienti da evitare?
Non si può, almeno i primi tempi.
Allora, sempre grazie alle mie guresse dell’ecobio, in primis Barbara (la “mamma” di Saicosatispalmi, la fata dell’ecobio già anni prima che Saicosatispalmi esistesse), ho scoperto il biodizionario
Ho iniziato a farmi le ossa analizzando alcuni prodotti che avevo in casa. Alcune creme erano un inferno, degli inci chilometrici dove i pallini gialli e rossi la facevano spesso da padroni. Ho iniziato a cercare prodotti con l’inci il più breve possibile, e non è stato facile: in quegli anni iniziava a imperversare la dicitura “naturale”, “biologico” e “verde” un po’ alla cavolo, dato che l’esigenza di prodotti più rispettosi dell’individuo e del pianeta era diventata un’onda da cavalcare dalle case cosmetiche, e neanche recandomi in erboristeria riuscivo a ottenere le informazioni che mi servivano: “Questo è un prodotto naturale” doveva bastarmi come informazione, punto e basta. Non è stato per niente facile.
Poi Barbara ha aperto il suo ecommerce e allora sì, ho sentito che mi potevo fidare al 100%, dato che non avrebbe cercato di vendermi prodotti di cui lei stessa non si potesse fidare. 
In quel periodo è nato un amore: quello per le saponette.
Quelle che trovo da Barbara non hanno niente a che fare con quelle della mia infanzia: le uso per il viso, sono delicate e mi fanno sorridere.
Quando sono venuta a vivere con Riccardo, dato che finalmente sarei stata l’unica “responsabile acquisti” di casa mi ero data l’obiettivo di introdurre solo prodotti verdi, sia per l’igiene personale che per la pulizia. Non ci sono riuscita, ma non demordo. 
Quando ho iniziato a interessarmi a questo mondo avevo confessato a Barbara che non sarei mai riuscita a rinunciare a tutti quei Labello colorati e profumati e sinteticissimi, ok, ma che io amavo con tutto il cuore. 
Lei mi disse che non era necessario cambiare vita dall’oggi al domani, ma trovare l’aspetto che ci interessava di più cambiare, e partire da lì. 
Ho cercato di eliminare qualsiasi sostanza inopportuna dalla mia routine viso, e ci sono riuscita per un bel po’ di tempo. Adesso sono tornata indietro perché ho voglia di provare cose nuove, ma oggi il Labello non riesco più a usarlo, per esempio.

Al momento sono molto insofferente nei confronti di tutti i flaconi di sapone che affollano il nostro bagno: sapone mani, sapone intimo, bagnoschiuma. Considerando poi il fatto che Riccardo tende a usare il bagnoschiuma in quantità molto generose, sto pensando di tornare alle saponette: ora che ci ho fatto pace potrei davvero provarci, cosa mi costa?

Venerdì ero a Piombino da Acqua&Sapone e sono andata a cercare una saponetta de I Provenzali -che a volte uso come alternativa alle saponette de La Saponaria quando finisco la scorta e un ordine da Barbarae è ancora lontano- per fare l’esperimento. Ho trovato in offerta dei saponi corpo a marchio Acqua&Sapone: lavanda, burro di karitè, olio d’oliva, rosa. 

0,99 centesimi per 250gr di prodotto (il prezzo pieno è circa il doppio, se non sbaglio, quindi niente di trascendentale in ogni caso). 
Inci piuttosto breve, a naso mi sembra valido.
Vengono prodotti dal Saponificio Gianasso di Genova, lo stesso che produce I Provenzali.
Decido di provarne uno, poi ne prendo tre (lascio quello alla rosa, che proprio è una profumazione che non mi aggrada), e una volta arrivata a casa, biodizionario alla mano, verifico che sì, in effetti gli inci non sono niente male, soprattutto quello al karité – per vedere l’analisi degli inci di tutti e quattro i saponi vi rimando alla discussione sul forum di Promiseland, molto esaustiva.

Ho iniziato a usare subito il sapone alla lavanda al posto del bagnoschiuma: anche se per adesso è un po’ difficile da maneggiare (sto pensando di dividerlo a metà appena è asciutto, così posso usarne un po’ anche per il bidet) fa una bella schiuma densa e lascia la pelle morbida. Non ha niente da invidiare al migliore dei bagnoschiuma provati negli ultimi tempi. E non mette in giro tutta quella plastica.

Adesso devo solo trovare il modo di “convertire” piano piano il mio amore all’uso del sapone solido. 
Sono fiduciosa. Sono talmente fiduciosa che non procederò neanche al blitz da sparizione improvvisa di tutti i saponi liquidi di casa (per farmene cosa? Meglio finirli, no?). Poi smetto di comprarli, facile, no? 

6 commenti su “Il mio viaggio nell’ecobio e i saponi solidi”

  1. vorrei anche io un acqua e sapone vicino 🙁 ricordo bene il passaggio da saponetta a sapone liquido, all'inizio per praticità affiancato alla saponetta, poi è rimasto da solo 🙂

  2. sono innamorata dei profumi delle saponette, soprattutto di quelle che si trovano in erboristeria…però non amo molto usarle, mi danno una sensazione di "sporco" se penso che vengono toccate sempre con le mani sporche e sai quanti batteri vi si annidano! preferisco i saponi liquidi col dosatore (sono un po' fissata eh)http://mode-moi-selle.blogspot.com

  3. Già, hai ragione, questo potrebbe essere un gran bel punto a sfavore del sapone solido, in effetti. Leggendo il tuo commento ho ritrovato il ricordo delle saponette che portavano il segno del passaggio di mio nonno quando tornava dai campi o dall'officina e si lavava le mani, che tenerezza! Quanto mi manca… 🙁

  4. Pingback: [Speciale Natale] I Saponi di Gianna Rose Atelier per un Natale… da favola! « Mix&Match

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