Willkommen in unserem Berlin

Da qualche parte si dovrà pur iniziare, no? Allora proviamo a romperlo, questo mutismo post-rientro, cerchiamo di dare una forma a tutte queste sensazioni che il viaggio a Berlino ha scatenato in me.
Intanto, piccola premessa che alcuni di voi si sono già cuccati in diretta: studio tedesco dal 1994, lo insegno ufficialmente dal 2007, eppure per la Germania non ho mai sentito tutto questo gran trasporto.
Ho sempre bazzicato luoghi e culture anglofone, ho sempre preferito usare l’inglese per comunicare coi turisti che ho incontrato lavorando nel turismo nella mia zona (Liz sa quanto mi vergogni a parlare tedesco di fronte a chi il tedesco lo sa meglio di me!). Nel 2008 sono stata trascinata in Baviera dalla mia collega americana per accompagnare i nostri alunni nella tappa finale di quel triennio di progetto Comenius, e piano piano… la Germania ha iniziato a fare breccia in me. Ma i tempi non erano ancora maturi per Berlino: quell’autunno Riccardo e io siamo stati a Londra -un ritorno per me, un colpo di fulmine per lui-, poi a Pasqua 2009 ci siamo gettati tra le braccia di Parigi (e ho dato una spolverata al mio francese, che non fa mai male, no?). E poi, è successo tutto insieme: ho passato l’estate a programmare il nostro viaggio autunnale a Madrid, che poi è saltato perché a settembre ho sostituito per un mese al biennio la collega di tedesco, in maternità, e quando è arrivata la sostituta ufficiale, Alessandra*, che ha vissuto a lungo a Berlino ed era disposta a rispondere a tutte le mie curiosità, ho messo da parte la guida di Madrid e ho tirato fuori quella di Berlino. Eravamo pronti.

La sera del 3 aprile, la partenza. Volo EasyJet Pisa-Berlino, poi un tot di giri concentrici per raggiungere l’albergo in metropolitana. Che non è così difficile, di solito, ma non avevamo tenuto conto che in piena notte la metro è aperta ma le linee sono leggermente ridotte. In ogni modo la prendiamo a ridere, e all’inversione di marcia numero 5438 un ferrotramviere compassionevole ci chiede se vogliamo andare ad Alexanderplatz (saremo noi che ce l’abbiamo scritto in faccia?) e ci indirizza alla linea giusta. In carrozza troviamo l’ennesimo gruppo di giovani autoctoni sbronzi, e uno di loro, particolarmente sbronzo, indica la mia guida e chiede se stiamo arrivando o stiamo partendo. Ci augura quindi buon viaggio, è sicuro che ci divertiremo a Berlino, e sono sicura anch’io, e mi verrebbe voglia di stringergli la mano, ma ho paura che stia per vomitare ed evito.
All’arrivo ad Alexanderplatz ci chiediamo quale sarà l’uscita giusta per non fare 1000 giri intorno alla piazza per cercare l’albergo. Ne prendiamo una caso, prendiamo una direzione a caso, e sbam! Il nostro hotel. Come pensavamo di non trovarlo, Dio solo lo sa.

La mattina dopo ci svegliamo a un’ora indegna (per fortuna ci eravamo ricordati di mettere alla porta il cartellino “do not disturb”, che ci accompagnerà tutte le sere della nostra permanenza), e quello che vediamo dalla nostra finestra sono, nell’ordine, la Fernseheturm che scopriremo essere una presenza costante e di sicuro aiuto a livello d’orientamento nel panorama berlinese come la Tour Eiffel a Parigi, e un mercatino di prodotti tipici che, oltre a sforzarsi di dare un po’ di calore al freddo mattino pasquale, ospiterà la prima colazione della nostra permanenza.

Dopo aver cretineggiato intorno alla fontana di Nettuno, decidiamo di avviarci verso Prenzlauer Berg a piedi.

La strada si dipana tra edifici in stile casermone ed enormi cantieri aperti, finché non siamo in piena zona residenziale. Sfidiamo il freschino e pranziamo al Prater. Dev’essere bello starsene all’aria aperta a godersi la serata, d’estate, ma anche così il primo pranzo e il primo birrozzo del nostro viaggio (sì, nei miei resoconti ci sono un sacco di registrazioni degli avvenimenti che accadono per la prima volta, in qualche modo le nevrosi vanno espresse, no?) hanno avuto il loro perché, devo dire.

Ci rimettiamo in cammino, non so neanch’io come capitiamo al Mauerpark. E qui, capisco che questo non sarà un viaggio come tutti gli altri, che Berlino segnerà il confine tra l’essere una turista e l’essere una viaggiatrice e dal prossimo viaggio niente sarà più come prima, o forse lo sarà anche, ma prima bisognerà approfondire questa cosa con Berlino. “Berlino era un pugno. Il Muro era il livido” scrive Alessandra Montrucchio, e io da quando l’ho letta, questa frase, aspettavo il confronto diretto. Ci troviamo in mezzo a questo parco, brutto e spelacchiato, con da una parte un mozzicone di Muro, brutto e scrostato, e dall’altra un mercatino delle pulci, di sicuro variopinto ma altrettanto di sicuro non bello, e io non ci capisco più niente. O inizio a capire solo ora che questo viaggio servirà a capire che non si possono separare la bellezza e la bruttezza, lo squallore e la gioia.
Quello che cerco di esplicitare mentre arranchiamo in direzione del suddetto mozzicone di Muro, è che sono bravi tutti a essere felici e spensierati mentre corrono o fanno un picnic nei giardini sotto la Tour Eiffel, ma qui? Qui si vive altrettanto bene, mi pare. Si corre e si fanno picnic, anche se il contorno non è il massimo e se la storia c’è andata con la mano un pelino pesante. Anzi, forse proprio in virtù di questo? Perché si rischiava di non avere niente, ora abbiamo questo parco brutto, spelacchiato e pieno di cartacce, e ce lo facciamo bastare, anzi lo onoriamo? Non lo so, a un certo punto devo essermi incartata anche mentre blateravo. Allora decido di lasciare per un po’ le domande da parte, e cercare di sentirla e basta, questa città, per sentire cosa ha da dirmi.
Poi ci immergiamo nel mercatino delle pulci, tra odori, colori e varia umanità. E quando ne usciamo decidiamo che è più o meno l’ora della merenda, e torniamo sui nostri passi verso Möbel, in Oderbergerstrasse, se non erro.
Poi torniamo, sempre a piedi, verso l’albergo, cogitabondi, e per l’ora di cena da cogitabondi ci siamo trasformati in avventurosi, e allora via, si va a mangiare in uno di questi locali di “cucina tipica berlinese”. Ecco, forse un po’ meno entusiasmo non sarebbe guastato. Riccardo si imbatte nell’abominevole Eisbein, che lui credeva simile allo stinco alla birra che la nostra amica bavarese butta giù golosamente in montagna, ma che invece è un cosio di maiale lesso e abbastanza maleodorante, in quanto lesso, e io, dopo un piatto di cui assolutamente non ricordo il nome ma non presenta sorprese particolari, scopro che il cheese cake qui viene servito caldo. Ecco, il cheese cake caldo, NO, per favore. In compenso, eleggiamo già da ora la birra del viaggio, la König Ludwig Dunkel.
E ora bisogna che vada a fare la spesa e a prepararmi per la palestra. Credo ci vorrà un mese per raccoontare tutto, ma almeno ho iniziato!! 
*Alessandra Bartali, che in coppia con Tania Masi ha scritto questa guida, che vi consiglio tanto, ma tanto.

3 commenti su “Willkommen in unserem Berlin”

  1. non sono mai stata a berlino…non so perché la germania non mi ha mai ispirata. forse perché ho studiato un anno di tedesco al liceo e ne sono rimasta disgustata 😀 per carità andavo molto bene ma ho subito rimosso tutto. ci vuole il colpo di fulmine per queste cose!

  2. Io parto per Berlino (vulcano islandese permettendo) esattamente tra 10 giorni e quindi tornero' a leggere il tuo post con piu' calma!Pero' intanto devo dirti che letteralmente ADORO la lingua tedesca… la trovo stupenda e musicale (e di solito quando lo dico mi prendono tutti per matta!).Beata te che la parli!!!Io purtroppo non sono riuscita a trovare un insegnante di tedesco nella mia citta' 🙁

  3. Eccomi, sono tornata a leggere le tue avventure berlinesi.Caspita, dalle foto sembra ancora parecchio freddo!Sai che la cucina berlinese mi terrorizza?!?Anche perche' vado con mio papa' che e' di palato difficilissimo e sara' una lamentela continua :-DDDNel week end mi sono vista Christiane F. noi i ragazzi dello zoo di Berlino, tanto per calarmi un po' nell'atmosfera della citta'… ma forse avrei potuto scegliere qualcosa di meno vecchio e deprimente!Vado a leggere la tua seconda puntata.Un bacione :-***

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