I Love Hats

Sto male. Forse sono alle prese con una bronchite. Rimugino veleno e me ne sto nascosta in casa come un ricercato, perché l’ultima cosa che voglio è perdermi il raduno di domenica a Firenze. In questo mio rimuginare, mi sono imposta di fare almeno qualcosa di utile: space clearing (un modo molto trendy di dire mettere a posto quel gran casino che si accumula come per magia in ogni centimetro del tuo bilocalea manetta! Inizio col mettere via intanto gli oggetti quotidiani: la borsa da profe, la macchina fotografica, i copioni, le scarpe che ho scalciato in un angolo entrando in casa, il berretto di lana che è rimasto penzoloni sul mobiletto dell’ingresso… un attimo!
Vogliamo parlare del mio berretto di lana? Il mio amato, adorato berretto di lana, e del mio rapporto coi berretti in generale?
Bene, parliamone.
(sì, lo space clearing non sarà mai il mio passatempo preferito, neanche con un nome trendy)
Dovete sapere che quando ero ragazzina e avevo lunghe, ma che dico, lunghissime, ingombrantissime chiome di capelli ricci ribelli, portare berretti per me era impossibile: dove li avrei messi tutti quei capelli? E per cosa, poi? Tanto d’inverno stavo bella al caldo comunque! Mi arrotolavo la sciarpa intorno al collo avendo cura di non scostarmi i capelli da sopra le spalle, et voilà! Testa, nuca, collo e orecchie al caldo. D’estate mi sarebbe piaciuto portare una bella pamela di paglia, che non si confaceva molto col mio look da rapper di quel periodo, nei cappellini da baseball non ci stava tutta la cofana, e quindi andavo a capo scoperto. Solo quando sono andata in Canada, e si prevedevano escursioni nei parchi, mia nonna mi convinse a procurarmi “un berrettino”, per ripararmi dal sole (come se stessi andando all’Equatore!). Era la fine degli anni ’90 e andavano di moda i cappelli (oltre ai pantaloni… argh!!) alla pescatora.

Sì, provandomelo adesso, anch’io mi chiedo come faceva a starmi all’epoca, con quella testa che avevo: o in questi 10 anni mi è cresciuto il capoccione, o allora me ne andavo allegramente in giro col cappello di Paperino in testa. Sacri misteri. Fatto sta che quell’agosto a Toronto si sfiorarono i 40 GRADI (credo che se lo ricordino ancora, da quelle parti!!) e il cappellino della nonna mi fu d’aiuto in più di un’occasione nell’evitare un colpo di sole.

Un paio d’anni dopo, quando ho deciso di darci un taglio netto, mi s’è aperto un mondo: ho continuato a usare poco i cappelli d’estate (con una sola eccezione, che vi farò vedere in un’altra occasione) perché ho scoperto il piacere di ficcare la testa sotto una fontanella e rinfrescarmi così, ma ho iniziato a esplorare il vasto panorama dei cappelli invernali. Il primo amore è stato il cappello di velluto a coste del nonno, che mamma non mi ha mai permesso di portare fuori dal nostro comune di residenza, quindi dovetti ripiegare su un surrogato. Optai per qualcosa che praticamente non c’entrava niente, e che non mi teneva neanche tanto le orecchie al caldo, in definitiva, ma mi dava un’aria così furbetta:

Poi è stata la volta delle coppole, molto più comode perché non si spostano di continuo. Ne ho una di lana cotta verde oliva che è un amore, ma l’ho lasciata da mamma per le emergenze. Poi me ne ha regalata una la mia regista, l’anno scorso a Natale, uguale al cappottino di Koralline che mi aveva regalato il mio fidanzato. Ancora oggi negano di essersi consultati, e naturalmente ancora oggi continuo a dubitarne.

Sono stata alla ricerca di una cloche per anni. La volevo di lana cotta, magari con un fiore di lana su un orecchio. Oppure di feltro un po’ più leggero, con un nastrino sottile intorno. Niente. Mai il modello perfetto. Quest’anno, li ho visti dappertutto. Troppo tardi! Perché l’amore, quello vero, nel frattempo era già arrivato: il beanie hat. La cuffia, la papalina, chiamatela come volete. Un berretto da tenere ben saldo sulle orecchie e che poi scende un po’, in cui se si vuole si possono anche infilare dentro i ciuffi, altrimenti si può tenere calato all’indietro. Con quello di Germano Zama di lana marrone lavorato a trecce, a volte ho passato interi pomeriggi in teatro a provare.
 
Certo, dopo un po’ la fascia provoca un certo prurito sulla fronte, e quando ci si toglie i capelli non sembrano certo freschi di piega (ma questo un po’ con tutti i cappelli… e vogliamo parlare dei caschi, croce di chi si muove in moto/motorino?), ma insomma, è questione di priorità: testa al caldo o capelli impeccabili? E poi basta saperlo, ed essere sempre pronti a tutto. In borsa non mi faccio mai mancare un elastico o una pinza per capelli, per un intervento di salvataggio se la situazione capillifera si dovesse rivelare proprio tragica, altrimenti chi se ne frega, staremo a vedere cosa uscirà da sotto il cappello!
Per portare l’ultimo arrivato, fatto a mano da un artigiano da cui ho comprato anche i guantini con le dita tagliate, di cotone viola, lungo e buffo, un po’ un incrocio tra il naso Pisolo e il folletto Memole, mi sa che dovrò aspettare ancora un po’… speriamo non molto, però, perché qua, cough cough…
non se ne può più dell’inverno!!

Per chi volesse approfondire l’argomento cappelli: la pagina dedicata a questo capo d’abbigliamento, su Wikipedia.

11 commenti su “I Love Hats”

  1. quanti cappelli che possiedi! io per ora non ne ho molti, ma cercherò di rimediare :Panche mia mamma sta guarendo dalla bronchite… che brutta cosa :(rimettiti presto!

  2. ciao cara! Grazie per il commento 🙂 Quanti cappellini! Anche io ne ho un cassetto pieno in effetti, però non li porto molto spesso. Mi piace guardarli e sapere di averli ma poche volte mi viene in mente di metterli! sono un caso umano ahahahahahahah! Anche io sono appena passata da una fase fisica critica, però il mio era piu che altro un raffreddore pesante che si è trascinato per un bel pò. Ti auguro di guarire presto! Un bacione 😉

  3. AAAAAAAH! Hun, you're impossible 🙂 i was preparing a post about my own hats too ^^How crazy is that? Well, love yours, let's see if you like mine when i post them :)Kiss***

  4. Ah come ti capisco…io odio lo space clearing e tutte le faccende di casa tranne lavare i piatti e fare le lavatrici…:)!Comunque ti auguro una pronta guarigione e complimenti, mi fa sempre piacere leggerti..una sana ventata di allegria !!! (protetta dai cappelli!)XoXoVeronica

  5. belli questi cappelli! anche a me piacciono molto (e anch'io portavo quegli strani cappellini da pescatore..na enormi che mi coprivano anche gli occhi..le foto testimoniano)

  6. Grazie a chi mi ha fatto gli auguri per la guarigione: alla fine ho iniziato gli antibiotici e sto già un po' meglio, ma ogni tanto mi prendono degli attacchi di tosse da far paura!! (Cécile, hai già parlato di quanto agli italiani piaccia parlare dei propri acciacchi?)Punkie, come sta la mamma? Guarda, i cappelli sono come le ciliegie secondo me, se inizi a comprarne uno non ti fermi più! ^^Chiaradeanna, anch'io ho fatto come te a lungo, e continuo a fare così con molti degli accessori che possiedo: porto sempre gli stessi! Che rabbia, sono un caso disperatissimo!!Fleur, you my soul sister!! ^^ I'm looking ofrward to seeing your hats, too!!Rano, Veronica, fratelli di disordine… facciamoci forza… :DCécile, guarda, sto anche migliorando… prima accumulavo di tutto, anche cose chiaramente inutili. Ora, in 45 mq, devo darmi una regolata. Ma è dura, è molto dura…Myriam, chissà com'eri bellina, col musetto che hai, a fare capolino da sotto le falde di un cappellino alla pescatora!! :*

  7. che simpatica che sei come sempre…mi diverte molto leggerti , lo sai già da tempo….troppo carina l'idea dei cappelli, hai veramente un viso che si adatta molto e stai veramente bene con tutti questi modelli, menomale che negli anni hai cambiato idea nei confronti di questo accessorio! buon divertimento domenica al raduno, seguirò i post che ne parleranno..ci sarà da divertirsi!

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