E quindi, cosa mangi?

Questa è la storia di come sono diventata (un po’ più) vegana da un anno a questa parte: l’avevo preparata in bozze già da un po’ ma ho deciso di pubblicarla oggi che è la giornata della Terra perché è stato il nostro pianeta a darmi la motivazione necessaria a portare avanti questa scelta.

Negli ultimi anni ho iniziato a mangiare sempre meno carne e pesce, finché a un certo punto ho sentito il desiderio di eliminare dalla mia alimentazione anche i derivati animali. Queste due fasi hanno seguito due strade diverse, che poi si sono congiunte per portarmi dove mi trovo adesso: del mangiare carne e pesce mi indignava, da tempo, la scarsa sostenibilità degli allevamenti intensivi e dei trasporti. “Perché ingerire qualcosa che viene prodotto spingendo il pianeta verso il collasso?” mi chiedevo. E ho iniziato a sostituire questi alimenti, sentendomi piano piano un po’ più in pace, finché uova e latticini hanno iniziato a ripugnarmi: mi sembravano cavalli di troia, alimenti non sani nascosti dietro l’apparenza innocua di un caffellatte a colazione o un panino con la frittata.

L’ultima volta che mi sono fatta prescrivere una dieta sentivo già tutto questo, ma mi sono sforzata di proseguire un’alimentazione onnivora perché mi sono fatta bastare la convinzione che “mangiando legumi tutti i giorni è più difficile dimagrire” e che “le proteine della carne sono immediatamente disponibili”.

E poi è arrivato il lockdown, a marzo 2020. È arrivata la necessità di organizzare ancora meglio la lista della spesa, in modo da recarsi al supermercato ancora meno spesso del solito, è arrivato il momento di documentarsi con attenzione, quello di prendere coraggio, ordinare un blister di vitamina B12 e incamminarsi verso una dieta sempre più plant based, cercando di non darmi (né farmi dare) etichette, per non cadere vittima di inutili gare con me stessa che porterebbero alla distruzione di tutto ciò che di buono ho costruito in questi mesi.

Sì, ma la salute?

Ad aprile 2020 ho smesso di mangiare regolarmente prodotti di origine animale, e a settembre 2020 le mie analisi del sangue, già ottime da sempre, erano ancora migliori di prima. La mia endometriosi mi dà molti meno problemi, la mia carbofobia si è ridimensionata notevolmente: mi chiedo sempre meno spesso se un cibo mi fa ingrassare, ma piuttosto se mi fornisce i nutrimenti adatti a farmi funzionare bene.

È davvero difficile dimagrire, così?

Non lo so. Non voglio più dimagrire a tutti i costi. Non voglio più valutarmi (o svalutarmi) in base ai chili che ho preso o che ho perso. Voglio stare bene, allenarmi (possibilmente all’aperto) e occuparmi di altro. Non voglio più andare a letto con una fame rabbiosa perché l’insalata e il tacchino ai ferri che ho mangiato a cena non solo non mi hanno sfamata, ma mi hanno intristita. Non voglio più svegliarmi già con il mal di testa da deficit calorico a tutti i costi.

La motivazione animalista

La transizione verso una dieta vegetale per me ha motivazioni disparate, tra le quali la ribellione alla crudeltà verso gli animali ha un ruolo su cui ho dovuto riflettere a lungo: sono cresciuta in un podere in cui allevare polli e tirare loro il collo per cibarsene era la normalità, quindi non ho mai temuto di ingerire la sofferenza animale. So però che gli allevamenti intensivi non sono il pollaio che i miei nonni verniciavano a mano e difendevano da parassiti e volpi, e lo sfruttamento animale è la sofferenza che mi ferisce di più. Non voglio essere tra coloro che chiedono questa brutalità.

Più forti dei luoghi comuni, le convinzioni

Se mentre mi leggi pensi che io mi senta migliore degli onnivori, dobbiamo chiarire un malinteso: io mi sento una persona che ha fatto una scelta che si è rivelata più facile e proficua di quanto temesse, e credo che il motivo sia perché l’ho fatta quando i tempi erano davvero maturi per me. Mi sento una persona che continua ad avere poco interesse per ciò che gli altri hanno nel piatto, e gradirebbe che anche gli altri avessero lo stesso disinteresse nei suoi confronti, perché non voglio convertire nessuno né essere riportata alla ragione.

Ok, una dieta sana richiede tutti i nutrienti, ok, non sarò io con le mie scelte a raddrizzare la questione ambientale, ok, non è facile mangiare 100% vegano quando sei fuori casa MA so come procurarmi tutti i nutrienti di cui ho bisogno, anch’io posso fare la differenza con le mie piccole scelte quotidiane, e non corro per ottenere la medaglia di vegana perfetta: faccio il possibile. Ho iniziato da talmente poco e ho fatto tanti passi in avanti che posso permettermi di non maltrattarmi, stressarmi, fissarmi. Qualche tempo fa in ufficio abbiamo fatto arrivare cibo cinese: ho scelto un riso con delle verdure saltate, forse dentro c’era dell’uovo ma nessuno l’ha fatto apposta e va bene così. Un cliente aveva portato dei cannoli siciliani, ho fatto a metà con un collega: da quanto non mangiavo un cannolo siciliano? Quando un’altra collega mi ha chiesto se volevo fare a metà con lei, ho fatto il bis. Solo dopo ho scoperto che il cliente è specializzato in ricette senza glutine e senza lattosio, e se prima non mi sarei vergognata di aver “sgarrato”, figuriamoci a quel punto!

Una dieta vegana è pratica?

Per me sì, anche perché permette di avere scorte di cibo che si deteriora molto difficilmente e anche se passi molto tempo in giro per lavoro puoi organizzare i pasti in modo semplice. In casa abbiamo una dispensa praticamente vegana: M. si compra il parmigiano e lo usa quando gli va, al lavoro mangia carne o pesce quando gli va, ma è soddisfatto del ritmo che abbiamo preso: abbiamo imparato un sacco di ricette nuove, semplici e varie, con ingredienti che prima non usavamo che di rado. C’è da dire che a noi è sempre piaciuto cucinare, amiamo tutti i tipi di verdura e di legumi e le preparazioni vegetali ci hanno sempre messo meno a disagio rispetto a quelli animali, che abbiamo sempre cercato di maneggiare il meno possibile, ma se ti frena la tua scarsa propensione per la cucina, sappi che vale la pena di fare qualche esperimento prima di dichiararsi incapaci!

Certo, iniziare i nostri esperimenti in un periodo in cui non era permesso spostarsi da casa ci ha dato più tempo per prendere le misure con una nuova organizzazione dei pasti, e le occasioni sociali ridotte all’osso anche dopo i mesi del lockdown mi ha consentito di rafforzare le mie abitudini e di affrontare con serenità tutti i commenti inopportuni che sono arrivati (ma anche di rispondere con entusiasmo alle domande delle persone genuinamente incuriosite da questa scelta!)

Cosa mi è stato utile in questo percorso?

Sicuramente la divulgazione SANA, capillare e quotidiana di persone di scienza come la dottoressa Silvia Goggi e caratterizzate da grande serenità come ElefanteVeg e CucinaBotanica. Della dottoressa Goggi ho letto il libro “È facile diventare un po’ più vegano”, di ElefanteVeg ho seguito il programma Gioia e di CucinaBotanica, oltre a ipnotizzarmi con le video ricette di Carlotta su YouTube, a Natale ho ricevuto il libro di ricette! Mi sono anche abbonata per un anno a Vegolosi.it, per il mio vecchio amore per le riviste di cucina da sfogliare: ogni numero, oltre a fornire idee culinarie, chiarisce dubbi sulla nutrizione e dà spunti sullo stile di vita naturale a cui aspiro.

Non è un capriccio, non è una moda: se ti senti di farlo, prova. Prima informati bene e se hai dubbi consulta qualcuno che sa gestire una dieta plant based, poi inizia a fare quello che puoi, al meglio delle tue possibilità.

1 commento su “E quindi, cosa mangi?”

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