Riprendersi

È passato un mese dal mio post notturno dettato dall’insonnia e dal calo dell’adrenalina e pare che, piano piano, le cose si stiano rimettendo a posto.
Certo, come ci insegnano la narrativa, la drammaturgia e la vita, ogni volta che si ripristina un equilibrio la situazione non tornerà a essere esattamente quella che era in precedenza, ma in effetti a me interessa più stare in una certa forma di equilibrio piuttosto che tornare a stare come stavo prima, giacché non me lo ricordo quasi neanche più com’era la mia vita prima i ricominciare l’università, ma sono sicura che qualcosa da migliorare ci fosse anche allora 🙂

La botta di stanchezza e di paura di non riemergere mai più dalle dinamiche che ho innescato in questo periodo sta lentamente rientrando. Il grigio che mi ha avvolta, che pensavo non avrebbe permesso di gustarmi ciò che prima mi dava la spinta per andare avanti, è un po’ meno fitto. La chiave di tutto è mettere un piede davanti all’altro e camminare. Fermarsi, quando serve, per riprendere fiato, per potersi schiarire le idee e riprendere il cammino. Questo risultato non è stato un miracolo, non è arrivato senza sforzi: ci sono volute un bel po’ di serate di lacrime e di passeggiate nel posto più buio di me. Ma ora so che senza consapevolezza non c’è progetto che tenga, senza ammissione delle proprie debolezze non c’è forza.
Ho scelto la sincerità nella sua forma più semplice: ammettere le paure, ammettere le insicurezze, chiedere aiuto. Se mi faccio carico di tutto quello che arriva senza dare voce a ciò che mi spaventa, a ciò che mi mette a disagio, come posso pretendere che gli altri capiscano quello che mi turba, che mi atterrisce, che mi sabota? Perché arriverà il momento in cui io avrò bisogno di chiedere aiuto, ma mi sarà difficile, da dietro la maschera di invincibilità che mi sono costruita, e questo renderà le cose ancora più complicate. E invece l’unico modo di andare avanti è semplificare quello che può essere semplificato, per poter costruire un piano, un progetto, una squadra per affrontare la vita, il lavoro, le incognite dell’esistenza. Questa squadra io la voglio con tutte le mie forze, voglio nutrirla e nutrirmene, voglio la sensazione che anche nel bel mezzo di un gran casino saprò dove tornare, dove chiedere aiuto, dove dare aiuto. Perché io, la mia forza, ce l’ho, solo che per indirizzarla bene devo mettermi in testa che basta meno, come mi dice sempre M. E voglio dargli retta, una buona volta.
Siamo fatti di più di uno strato: quello che vedi da fuori custodisce le mie fragilità, consideralo quando hai a che fare con me. Ma è anche la protezione di un nucleo di forze che ci sono, sono mie e di nessun altro. Non sono inesauribili, certo, ma sono più potenti di quanto io, tu, tutti possiamo pensare.

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Sono già passati diversi anni da quando ho capito come mettermi in contatto con le mie emozioni, imparando a interpretare i segnali del mio corpo e della mia mente per ricostruire come mi sento, perché. Ma solo adesso sento di aver davvero capito come fare quel passo che separava il mio mondo interiore, che ho sempre tenuto chiuso come un segreto da nascondere dagli occhi di tutti, dal mondo che mi circonda. Per poter dialogare in modo fluido con le persone che amo, con le uniche con cui mi interessa davvero fare squadra.
Ora, da questa nuova consapevolezza, si riparte.
Si riparte coscienti, anche, che quando arriva quella sensazione di essere nel posto sbagliato, di essere molto di più di quello che sembra, forse vale la pena fare mente locale e pensare a come poter arrivare nel posto giusto, come poter essere come voglio essere. In questo periodo ho pensato spesso che certi aspetti della vita che sto vivendo non mi somiglino più, ed ecco subito il senso di colpa di chi è abituata a sentirsi dare dell’ingrata, a sentirsi dire “i problemi sono altri, pensa a chi sta peggio”. Io ci posso anche pensare, a chi sta peggio, ma non può bastare a stare in pace con me stessa: devo, voglio anche fare qualcosa per me. Complice il #12journalproject di Micaela Terzi, questo mese sto scrivendo il My Secret Life Journal, un diario immaginario, di come sarebbe la mia vita in un altro contesto. Si tratta di un esercizio potentissimo, che può lasciare spiazzati (perché effettivamente scrivere “Caro diario, oggi ero sul set del  nuovo film che sto girando e il primo giorno di riprese è andato magnificamente” può non essere sintomo di rotelle tutte esattamente al posto giusto) ma, come spiega Micaela:

questo esercizio ci serve per un motivo specifico. E non è quello di fuggire dalla realtà. Ma di allenarci alla scrittura di una vita inventata per capire se può far emergere suggerimenti e indicazioni per rendere migliore la nostra via reale. A volte abbiamo un senso di insoddisfazione o di infelicità che ci accompagna, ma non sappiamo con chiarezza dire che cosa non ci soddisfa o non ci rende felici. Questo esercizio di pensare a una vita inventata, e di scriverne di istinto su un diario, ci può aiutare a chiarire cosa non va. Perché la scrittura “di getto” fa emergere cose che la nostra mente razionale ci tiene nascoste. Quindi giocare a una vita segreta non è un modo per nascondersi e fuggire dai nostri problemi. Ma anzi è uno strumento per indagare con più profondità sulla nostra vita reale e renderla migliore e più vicina a quello che desideriamo nel profondo.

Bene, lo ammetto, io non mi sono inventata una vita così distante dalla mia, ma mi piace comunque molto. Mi sta dando il polso di quali bisogni ho in questo momento. E mi sta aiutando ad azionare le sinapsi per vedere come posso portare nella mia vita dei cambiamenti che possano portare dei risultati qualitativamente simili.

E poi, dato che quando qualcosa si mette in moto tutto l’universo sembra cospirare affinché tu tenga alta l’attenzione su questo aspetto della tua vita, in questi giorni la super Enrica Mannari ha postato una foto sul suo profilo Instagram con questa didascalia:

Eccomi qui. In una yurta. Solo legno e tessuto. Colori chiari. Luminosi. Immersa nel verde di un campo di ulivi. Vista lago. Bionda. Capelli quasi lunghi. Un abito leggero. Un po’ da fata un po’ da hippy. 38 anni. Faccio L’illustratrice. A modo mio. Parlando molto. Scrivendo molto. Uscendo quanto posso fuori dai tracciati standard. Mettendomi in discussione. Tentando di rimanere libera. Questa sono io. E mi sto avvicinando sempre più alla migliore versione di me. Alla me immaginata. A quella che ho evitato di incontrare per molti anni. Per paura di rimanere delusa. Per paura di non riuscire in qualcosa che non sapevo neanche io cosa fosse. Liberiamoci ragazze belle. Signore belle. Donne belle. Liberiamoci da noi stesse. Giochiamo con quello che siamo. Divertiamoci a scoprirci dentro e fuori.

Respiriamo.

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Enrica Mannari

Rimanere libera. I miei bisogni. Respirare. Contatto. La versione migliore di me. Una vita che mi somiglia. Scoprire. Pienezza. Fuori dai tracciati standard. Essere presenti a sé stessi. Mettersi in discussione.

Le parole di Enrica si intrecciano con i miei pensieri, ed ecco la magia, il bisogno di schiudersi, di tornare a essere quella che aveva intuito dove stava andando, con la differenza che ora vuole dimostrare che ha le carte in regola per arrivarci.

Mi sono rotta di stare in un angolo e mettere fuori il naso solo per avere la dimostrazione che sarebbe stato meglio rimanere dentro, al sicuro. Basta sabotarsi, adesso è il momento di tornare ad ascoltarsi, a buttarsi, a fidarsi.

Jump, and the net will appear. 

E poi c’è lui, l’allenatore del mio cuore, Roberto. Lui su Instagram qualche giorno fa ha pubblicato un’immagine dove cita Ligabue (Strade troppo strette e diritte/Per chi vuol cambiar rotta oppure sdraiarsi un po’) e commenta:

Ognuno di noi ha la capacità di cambiare alcune delle linee sulla propria mappa per rendere il mondo un posto in cui “sceglie” di vivere. L’ambizione più grande?
Rendere il MIO 🌍 un posto meraviglioso per me stesso e chiunque altro io possa coinvolgere
⬇️
Focalizzati sulla vita che stai vivendo:
Corrisponde alla 👉🏼TUA👈🏼idea di mondo?
Se non è così 👟CORRI ad arricchire la tua mappa, se necessario CAMBIA🔁 direzione, e inizia il viaggio verso il mondo che hai SCELTO ✔️🌏

E allora, io, il 9 giugno vado al 9MuseMilano, l’evento d’ispirazione per DONNE che vogliono lanciarsi da sole ma non sanno bene come fare o non si sentono pronte.

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Non so neanch’io se voglio davvero lavorare in proprio, ma neanche lo escludo; quello che so è che ho bisogno di quell‘energia, di quella compagnia, per una giornata intera. E di Milano, che ci sta sempre bene.

1 commento su “Riprendersi”

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